Andata.Oblomov ha scritto:Ci mettiamo la classica pietruzza sopra?
Mah, qui si innesterebbe un lunghissimo discorso (che qui e là ho già accennato) sulla matematica che si fa alle scuole superiori, ma temo che ci porterebbe ben oltre ai nostri scopi. Magari un'altra volta, chissà...dimpim ha scritto:Solo una cosa a dire il vero non ho ben capito:Quindi, secondo te, è giusto o sbagliato farli alle superiori?Marco ha scritto:La cosa intellettualmente più onesta è, a parer mio, lasciare perdere i limiti fin quando non si hanno le armi concettuali per comprenderli.
Premetto che non sono affatto un esperto di didattica della matematica, né di scuola in generale, quindi i discorsi che seguono sono un'opinione personalissima e da profano: prendetela per quel che vale.
La mia esperienza personale sui limiti come me li hanno insegnati a scuola è stata appunto quella di discorsi un po' naif (nel senso buone del termine, per carità

Ogni tanto mi capita di tenere qualche ripetizione di matematica ad amici e conoscenti, e i limiti sono sempre un argomento tosto. La mia tattica espositiva è di presentare il limite come un "gioco al bersaglio", ecco come:
Abbiamo una funzione di cui vogliamo calcolare il limite in un certo punto assegnato, che vive nel mondo delle ascisse. Il valore del limite è il mio punto bersaglio, che invece vive nel mondo delle ordinate. Il "gioco" consiste nell'assegnarmi una zona bersaglio (ossia un intervallino a piacere che contiene il limite ). Il limite "riesce" se riesco a trovare, affinando la mira, una zona di tiro (un intervallino delle ascisse che contiene il punto assegnato, [V, nella definizione]) e tale per cui, tirando a partire dalla zona di tiro [=calcolare f(x), con x appartenente a V], sono certo di andare a bersaglio [=il risultato cade in U].
Ok. Senza grafico si spiega male. Ma almeno non si ricorre a quelle espressioni che, personalmente, ho trovato odiose: "il punto si sposta sempre più verso..." "la funzione tende..." I punti non si muovono di un bel nulla! E nemmeno la funzione.
Figuratevi che al mio corso di quinta liceo non fu mai detto che cosa fosse un intorno! E' assurdo! Il concetto di limite è essenzialmente una cosa topologica: si tratta di decidere se due punti di un insieme sono abbastanza vicini oppure no. Il limite essenzialmente dice: punti scelti in modo che siano sufficinetemente vicini nel "mondo delle ascisse", devono cadere abbastanza vicini anche nel "mondo delle ordinate". A questo proposito trovo illuminante il termine in inglese che definisce un "intorno": "neighborhood", ossia "vicinato" (proprio nel senso dei vicini di casa, buon vicinato, riunioni di condominio, ecc...).
Per finire rispondo alla domanda iniziale di Dimpim: se i limiti si fanno alla scuola superiore, allora vanno fatti solo dopo che si sono passati i concetti topologici fondamentali. Se non si introduce mai in modo esplicito la topologia della retta reale, dicendo che cosa vuol dire che due punti sono o meno vicini, non si riesce ad affrontare in modo serio la questione. Ora, non pretendo di inserire Topologia Generale, che si fa al secondo anno di università, alle superiori, ma almeno i concetti di distanza e di intorni nei reali si potrebbero tranquillamente insegnare.
Poi dico anche che, secondo me, non ha senso forzare i programmi ministeriali a coprire il calcolo differenziale, perché secondo me ci sono parti della matematica che sono più importanti, ma vengono tralasciate perché occorre "arrivare a fare gli studi di funzione, perché ci sono nello scritto di maturità".
In questo senso, penso che una sostanziale revisione di che cosa dovrebbe esserci nei temi d'esame non ci starebbe male, e non sono convinto che saper calcolare a mano un integrale indefinito o studiare e graficare a mano una funzione abbia molto più senso che insegnare l'algoritmo per calcolarsi a mano le radici quadrate.
Justy my penny and a quarter.
M.