Sarò noioso, ma tanto per fare pubblicità,
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Nell'ultima è ben spiegato a cosa serve il glossario...
Detto questo, svesto i panni da mod...
A proposito del topic, solo alcune cose, magari un po' formali, ma già che ci siamo...
per quell'espressione, 1/0, possiamo immaginare alcune situazioni un po' diverse tra loro...
IN UN CAMPO
Abbiamo un insieme $ \mathbb{K} $ su cui sono definite due operazioni $ +,\cdot $ che hanno ciascuna un elemento neutro $ 0,1 $, possibilmente distinti (altrimenti del nostro K non resta granchè), per cui valgono le proprietà commutativa, associativa, distributiva e tali che ogni numero ha un inverso per l'operazione $ + $ e ogni numero tranne $ 0 $ ha un inverso per l'operazione $ \cdot $. Questo è un campo.
Bene, qui la divisione esiste : a/b è la moltiplicazione di a per l'unico elemento che è inverso moltiplicativo di b. Quindi l'espressione 1/0 non ha senso (un po' come scrivere +/2 o *=2), in quanto 0 non ha un inverso.
Supponiamo per un attimo che invece ci sia $ x $ tale che $ x\cdot0=1 $; bene, allora $ 2\cdot x\cdot0=x\cdot2\cdot0=x\cdot0=1 $, quindi anche 2x è inverso di 0, ma l'inverso è unico (si dimostra) e quindi $ x=2x $, da cui $ x=0 $, ma allora $ 0=0\cdot0=1 $ e dunque il nostro campo è formato dal solo 0, $ \mathbb{K}=\{0\} $.
NELLE MISURE DELLE GRANDEZZE GEOMETRICHE
Un angolo è definito come la parte di piano compresa tra due semirette di comune origine. La misura degli angoli si fa grazie ai criteri di similitudine tra i triangoli (e a un po' di postulati, tipo Eudosso-Dedekind, per poterci fare delle operazioni), introducendo le funzioni trigonometriche e la misura lineare degli archi di circonferenza (ovvero le inverse delle funzioni trigonometriche).
Si passa poi a definire un concetto locale di angolo, l'angolo tra due curve che passano per un punto, come angolo tra le rette tangenti alle curve in quel punto (supposta una sufficiente regolarità delle due curve, in modo da poter avere rette tangenti); questo è un concetto locale perché nel caso di due curve non ha senso parlare di parte di piano compresa tra le due, però si può fare questa cosa :
consideriamo due curve che passano per un punto P, consideriamo tutte le circonferenze di centro P; plausibilmente, prendendo circonferenze abbastanza piccole, i due tratti di curva in essa contenuti si comporteranno all'incirca come le loro rette tangenti, ovvero partiranno da P e arriveranno sulla circonferenza, non proprio come raggi ma quasi; quindi avrà senso prendere l'area del "triangolo" che ha per lati le due curve e il pezzo di circonferenza tra i loro estremi su di essa e fare il rapporto tra quest'area e quella della circonferenza... tale rapporto si stabilizza (ha limite) man mano che i raggi diventan sempre più piccoli.
Tale valore limite è esattamente quello che avremmo ottenuto guardando l'angolo tra due tangenti.
Ora, problema : qual è l'angolo tra una circonferenza e la sua retta tangente ? Secondo entrambe le definizioni, è zero (con le tangenti, è ovvio, con i limiti, basta fare il conto). Ok ... quant'è l'angolo tra due circonferenze tangenti esternamente? Ancora zero. La cosa strana è che questi due angoli sembrano uno il doppio dell'altro, no?
Ok, beh, questa è una proprietà dello zero : 2*0=0... però allora dovrebbe anche venire che l'angolo tra le due circonferenze estern. tang. è la metà di quello tra circonferenza e retta ... che sembra poco probabile e in realtà è falso...
Ecco, qui lo zero va inteso come l'insieme di tutti gli angoli nulli ... che sono tanti zeri diversi e tra loro hanno relazioni : si possono moltiplicare dividere sommare e sottrarre, alcuni sono uguali altri no.
In questo caso 1/0 ha questo senso : posso mettere insieme un certo numero di angoli nulli (e ci sarebbe da chiedersi quale tipo di angoli nulli) per ottenere un angolo di un grado? (o comunque un angolo dato?) Per fortuna, no, non si può.
Però in questo caso la faccenda non è così intuitiva, perchè abbiamo visto che cose geometricamente diverse corrispondono alla stessa misura d'angolo, quindi la struttura di campo che abbiamo messo su queste grandezze è un po' forzata ... tant'è che ci sono tanti angoli nulli non tutti uguali tra loro.
Qui si definiscono allora gli "infinitesimi" cioè si distrugge una delle proprietà portanti dei numeri reali (la proprietà archimedea : cmq scelgo un numero, lo posso sommare a se stesso abbastanza volte da superare qualunque altro numero) e si creano numeri più piccoli di qualunque reale, ma maggiori di zero. La divisione per "zero" a questo punto ha un senso, se per "zero" si intendono questi "cosi" che sono più piccoli di ogni reale, ovvero gli infinitesimi.
NEI LIMITI
I limiti riprendono e sviluppano la struttura spiegata (oddio, accennata malamente) sopra a proposito degli angoli : si considera il comportamento delle funzioni in un punto, ma non solo il valore di dette funzioni, ma anche quanto velocemente e come arrivano a quel valore; tale dato è ininfluente se il valore è un numero reale non nullo, ma diventa importante se il valore è 0 oppure non esiste in quanto infinito (positivo o negativo). Infatti, considerando il comportamento della funzione "vicino" al punto, l'unica funzione zero è quella che vale zero intorno al punto e non solo nel punto.
In questo modo le funzioni $ f(x)=x\ f(x)=x^2 $ nell'origine sono diverse, in quanto, nonostante valgano entrambe zero, intorno all'origine si comportano in maniera differente (la prima ci arriva dritta lungo la diagonale, la seconda ci arriva appiattendosi sull'asse x). E' un po' la differenza tra l'angolo tra retta e circonferenza e l'angolo tra due circonferenze tangenti INTERNAMENTE : sono entrambi "nulli" ma il secondo è molto più nullo del primo, se mi passate l'espressione ...
Anche qui, in quanto questi aggeggi formano cmq un campo (con un po' di fantasia e di classi di equivalenza) o qualcosa di abbastanza simile, la divisione per zero, in quanto elemento zero del campo, non è lecita, però è sensata la divisione per le funzioni che valgono zero nel punto, ammesso che lì intorno si comportino in una certa maniera ... dato di fatto e intuitivo è che gli inversi di queste siano quelle funzioni che vanno all'infinito nel punto, con velocità legata a quella con cui le originali andavano a zero...
Quindi, tutte le piacevoli chiacchiere (sì, un po naif, sì) sul possibile significato di 1/0, di solito riguardano l'idea di qualcosa che "si avvicina a zero" e di cui osserviamo l'inversa durante il suo "avvicinarsi a infinito", qualunque cosa questo voglia dire.
L'ambiguità sta nel fatto che si intende allora come zero qualcosa che in realtà, nel campo (o nella struttura) che stiamo considerando, non è zero, ma che è per sua sventura un infinitesimo e quindi l'inverso di un infinito. In questo ambito, cmq, ci sono teorie precise, definizioni rigorose e formalismo a volontà, per cui anche lì l'espressione 1/0, intesa formalmente non ha senso ... il problema è che si tende troppo a trasferire le operazioni sul campo in operazioni sul campo reale, in cui gli infinitesimi non hanno degna rappresentazione insieme ai valori finiti e quindi vengono associati a zero.