Come informatico praticante (da oltre venti anni), ti posso consigliare solo di approfondire innanzi tutto l'approccio scientifico al calcolatore e le sue peculiarità matematiche.
I linguaggi di programmazione vanno e vengono con le mode: portando volutamente il concetto al limite, in casi come il tuo si studiano quasi unicamente per cultura generale. Certo non fa male conoscerli. ma guai ad invaghirsi di questa o quella "novità".
Al momento, e per molti anni a venire, non rientra nelle tue competenze creare un interprete o un compilatore, o ideare un linguaggio del tutto nuovo. Molto meglio avere da subito un'idea generale della complessità, delle semantiche (almeno quella operazionale, all'inizio) e delle basi comuni ai linguaggi di programmazione.
Inoltre i linguaggi specifici per la IA, ed in generale i paradigmi "alternativi" (funzionale, logico, dichiarativo, constrained..) sono di "altissimo livello", dove questa espressione indica il più elevato grado di indipendenza del linguaggio dall'architettura della macchina sottesa, e nel contempo la massima vicinanza al dominio del problema ed linguaggio naturale (sebbene questa definizione possa risultare assai discutibile).
Per pura curiosità, i linguaggi di più basso livello sono il linguaggio macchina e l'assembly ad esso correlato, inscindibili dal processore o sottofamiglia di processori sui quali sono implementati. Segue a ruota il linguaggio C, una sorta di macroassemblatore che si lascia utilizzare come tale per i compiti di più "basso livello" (ovvero, più vicini all'hardware ed al sistema), senza eccessive penalità prestazionali. Tutti gli altri sono classificati come HLL, High Level Languages.
Come logico e epistemologo, è peraltro mio dovere avvertirti che Minsky è superato ampiamente e costituisce un capitolo chiuso nella IA, assieme a Newell, Simon, McCarthy, Fodor, Putnam e vari portatori d'acqua. Il loro approccio simbolico non ha prodotto molto più che avanzato engineering (e qualche malalingua aggiunge "stupidità artificiale"): backtrace, simulated annealing, tunneling, e molte altre tecniche assodate nella IT ma che i giovani oggi neppure sanno più in che contesto siano nate. Questo tipo di sapere è oggi condensato in tomi come il Russell-Norvig in due volumi: tuttavia, io stesso farei fatica a definirla IA, nel senso preciso di Turing, Church, Von Neumann.
Oggi il filone maggiormente promettente fa capo principalmente alle idee di Hopfield e Smolensky, cha hanno profonde radici storiche nella sistemica di Von Bertalanffy ed in alcuni spunti dello stesso geniale Von Neumann - forse l'ultimo grande genio matematico universale, e certamente l'unico in grado di superare sé stesso in più occasioni.
fph ha scritto:Per quel poco che ho visto anche per le reti neurali c'è un po' di analisi dietro.
Forse però dipende dal "taglio" con cui ho visto presentate le cose -- va detto che a informatica prima o poi queste cose si fanno, e il 90% degli informatici che ho incontrato quando sente le parole "spazio vettoriale" si spaventa, quindi dev'esserci modo di capirci qualcosa anche senza.
Del resto anche la probabilità a volerla sistemare per bene si basa tutta su analisi 2 e oltre, però per fare la maggior parte delle cose sul discreto basta un'impostazione un po' alla buona.
Ti ringrazio moltissimo per aver sollevato un argomento di capitale importanza, attorno al quale sembra esserci ancora un tabu.
La differenza tra la matematica "classica" pura e quella verticalizzazione che Knuth chiama "Concrete Mathematics" è molto più profonda e consistente di un paio di esami o di una risistemazione della probabilità in termini di piccionaia. Con voluta esagerazione, si può parlare di due scienze formali diverse, come fa in certi punti Chaitin.
Alcuni carissimi amici, fisici teorici, pensano di glissare sull'argomento dicendo che per "leggere" la natura si usano al bisogno sia modelli continui che discreti, secondo la scala, le circostanze e varie condizioni al contorno. In questo modo li considerano almeno equipotenti, il che é già un passo avanti, ma non è tutto.
C'è invece dietro una profondissima questione epistemologica e gnoseologica: l'approccio discreto ha la medesima dignità di quello classico, ma il suo utilizzo richiede un cambio di paradigma radicale, oltre ad una diversa presentazione della materia (effettuabile senza perdita di rigore, da un punto di vista logico) e allo sviluppo di diverse facoltà mentali ed abilità di calcolo !
Gian-Carlo Rota, indimenticato Maestro, è stato contemporaneamente il primo e il più grande interprete di questo approccio, che possiamo a buon diritto chiamare un
nuovo modo di fare matematica, il quale peraltro coglie anche contributi essenziali dell'intuizionismo di Brouwer, Heyting e Kleene - spodestando dopo un buon mezzo secolo di assoluta preponderanza didattica il connubio di iperformalismo bourbakista e analisi continua.
Francamente qui non si tratta solo di sostenere la validità di dimostrazioni computazionali come quella del 4CP contro le obiezioni dei nostri maestri ormai ottuagenari e dei loro maestri che hanno stretto la mano a Peano: è un vero e proprio modo nuovo, diverso e fecondo di vedere e di fare la Matematica.
Naturalmente, come esistono talenti in grado di eccellere allo stesso modo in (ad esempio) topologia algebrica e teoria additiva del numero, così possiamo coltivare la capacità di fare matematica sia in modo classico che discreto, con enorme influenza sulle applicazioni: si pensi solo alla teoria dei sistemi ad eventi discreti ed al controllo logico che ne deriva, enormemente diverso dalla teoria classica del controllo ottimo. Non si deve però sottovalutare il fatto che si tratta, in astratto, di due figure diverse di matematici, non sovrapponibili.
Ad esempio, nel mio caso (esagero un po' per sorriderne insieme, ma non troppo) quando vedo una equazione differenziale o un limite inizio a borbottare anatemi ed esorcismi, il calcolo variazionale mi fa venire l'orticaria, ma sono perfettamente a mio agio con le logiche temporali, il lambda calcolo, l'algebra degli insiemi finiti e le gerarchie di automi FSM...

"Die ganzen Zahlen hat der liebe Gott gemacht, alles andere ist Menschenwerk." (Leopold Kronecker)